John Dickie - Cosa Nostra. Storia della mafia siciliana (2007) by John Dickie

John Dickie - Cosa Nostra. Storia della mafia siciliana (2007) by John Dickie

autore:John Dickie [Dickie, John]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2016-10-01T22:00:00+00:00


6. Guerra e rinascita

Don Calò e la rinascita dell'onorata società

Si dice che la mattina del 14 luglio 1943 un aereo da caccia americano sorvolasse Villalba. Naturalmente la gente uscì in strada. Quando l'aereo si abbassò fin quasi a sfiorare i tetti delle case, si poté scorgere, attaccata alla fusoliera, una bandiera color giallo oro con una grande «L» al centro. Passando sopra la casa appartenente al parroco, Monsignor Giovanni Vizzini, il pilota lasciò cadere un pacchetto, che fu però intercettato da un soldato e da questi consegnato al comandante della stazione dei carabinieri.

Quattro giorni prima era scattata l'«Operazione Husky»: 160.000 soldati alleati erano sbarcati su un ampio tratto della costa sudorientale della Sicilia; seguirono quindi altri 300.000 combattenti americani e britannici. Questa forza gigantesca stava ora dispiegandosi a ventaglio in tutta l'isola. I britannici puntarono a nordest, verso Catania, Messina e il continente. Gli americani avanzarono in direzione nord e ovest. Per la prima volta gli Alleati avevano invaso il territorio di una potenza dell'Asse.

Villalba, situata proprio al centro dell'isola, non poteva certo dirsi un obiettivo strategico primario. Il paese – poco più di un'accolta di casupole di contadini – era noto principalmente per le sue lenticchie: un'importante componente della dieta dei poveri. Il reticolo a saliscendi delle stradine in terra battuta aveva preso forma nel Settecento per rispondere alla domanda di braccia del gigantesco feudo Micciché, che si estendeva dabbasso in tutte le direzioni. A Villalba la vita ruotava intorno alla minuscola piazza Madrice, dove c'erano due bar, una filiale del Banco di Sicilia e una chiesa.

Eppure l'aereo da caccia tornò l'indomani, sempre con l'inconsueto stendardo. Fu lanciato un altro pacco, che stavolta arrivò nelle mani della persona giusta. Il suo involucro di nylon portava scritte le parole siciliane «zu Calò» («zio Calò»), che era il boss mafioso don Calogero Vizzini, il fratello maggiore del prete. La busta fu raccolta dal cameriere dei Vizzini, che la consegnò al suo padrone. Conteneva un foulard di seta giallo oro con una grande «L» nera al centro.

Si racconta che quella stessa sera un uomo a cavallo lasciasse Villalba con un messaggio per un certo «zu Peppi» a Mussomeli. Ed ecco il testo del messaggio: «Curatulu Turi partiva cu li vutiddazzi, pi la fera di Cerda martidì iornu 20. Iu partirò lo stissu iornu cu li vacchi, li voi di carrozzu e lu tavaru. Priparati l'ardimi pi fari lu fruttu e li mannari pi riparari li pecuri. Avvertiti l'autri curatuli di tinirisi pronti. Pi lu quagghiu ci pinsavu iu».

La lettera era scritta in un codice che aveva una semplicità da Vecchio Mondo. Il destinatario, «zu Peppi», era «zio» Giuseppe Genco Russo, boss di Mussomeli. Lo s'informava che Turi (un altro mafioso) avrebbe guidato le divisioni motorizzate americane («li vutiddazzi») fino a Cerda. Quanto a lui, don Calogero Vizzini sarebbe partito quello stesso giorno con il grosso delle truppe («li vacchi»), i carri armati («li voi di carrozzu») e il comandante in capo («lu tavaru», ossia il toro). I mafiosi sotto il comando di



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